venerdì 5 dicembre 2014

La Sinistra e la Cina: Gianni Cadoppi replica alla recensione di Luciano Canfora

Gianni Cadoppi, 5 dicembre 2014

Non mi sento di gettare la croce addosso a Luciano Canfora per quello che ha scritto sulla Cina.Così la pensano pessoché tutti, non solo a destra ma anche a sinistra. Non mi sento nemmeno di condannare Canfora oppure la compianta Collotti Pischel per avere definito “fascista” il governo cinese che reprimeva la prima rivoluzione colorata a Tienanmen nel 1989. Tutti la pensavano così.Poi la Colotti Pischel si è ampiamente riscattata e Canfora ha scritto quello splendido saggio “La democrazia. Storia di un'ideologia”.
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Bisogna risalire a molto prima per capire la percezione che la sinistra ha avuto della Cina. Già negli anni '50 per alcuni (Edoarda Masi ad esempio) Mao era addirittura l'anti Stalin nonostante si sapesse benissimo che egli ne difese addirittura l’opera contro Kruschev e applicò fino al 1959 una variante dell'economia pianificata sovietica equivalente a quella che si stava attuando nelle Democrazie Popolari. Mao era diventato un apostolo del pauperismo nonostante che con il grande balzo in vanti volesse raggiungere il benessere della Gran Bretagna in dieci anni e avesse promosso la Rivoluzione Culturale anche per promuovere la produzione. Poi divenne il teorico dell'anarco-populismo giovanilista nonostante avesse chiamato l'esercito per sedare la guerra civile scoppiata tra le frange estreme delle Guardie Rosse. Con la morte di Mao e l'inizio della riforma Deng diventa l'incarnazione del male perché aveva concesso (in usufrutto per un tempo limitato) un orticello ai contadini trasformandoli in avidi capitalisti. Tranne poi accusare i dirigenti cinesi di essere feroci predatori perché riprendevano la terra di proprietà comune (per utilizzarla per lo sviluppo e dunque per il bene comune) dando in cambio un compenso di qualche decina di anni di redditi da lavoro. Con il nuovo secolo abbiamo assistito all'era del sansonettismo in cui i paesi socialisti diventavano il nemico giurato della sinistra. Qualsiasi regime change era il benvenuto purché contro paesi antimperialisti. Nell’informazione di sinistra le cose non sono andate meglio con l'allontanamento dell'inguardabile Sansonetti. Il Manifesto ha spesso ospitato articoli contro la Libia di Gheddafi e la Siria. Sulla Cina non ne parliamo. Il Nobel assegnato ad un apologeta del neocolonialismo diventa un “benvenuta oscenità” e nel mentre si continua a descrivere il grande paese asiatico come un vulcano sociale. Le fonti? Il Dipartimento di Stato americano e la CIA che il Manifesto considera più attendibili del governo cinese. Feuerbach recensendo un saggio di Moleschott scriveva “ L'uomo è ciò che mangia”. Beh l'uomo è sempre di più ciò che sente e che legge. E ciò che legge è, parafrasando Marx, “la solita a merda”.
Dopo Tienanmen la sinistra e in particolare quella radicale ha conteso alla destra la posizione d'avanguardia nel regime change. Cioè la sinistra ha accusato la destra di non perseguire fino in fondo, a causa dei suoi legami economici con Pechino, la sovversione colorata nei confronti del Partito Comunista Cinese. L'antiglobalizzazione è diventata, come già aveva sospettato Giovanni Arrighi, una sorta di corporativismo in cui la sinistra si oppone allo sviluppo dei paesi poveri con la scusa che la loro classe operaia sarebbe sfruttata e senza diritti.
Il problema è che ormai c'è una divaricazione netta tra una sinistra che al di là delle terminologie esoteriche rivela una tendenza disarmante alla semplificazione e chi invece si ritiene l'erede di una tradizione complessa com'è quella comunismo internazionale la cui esperienza storica costituisce il materiale indispensabile per il marxismo vivente. Se prendiamo una guru della sinistra radicale del nuovo millennio come Naomi Klein questa ha molto più a che vedere con la controcultura americana che con il marxismo. La sinistra occidentale ha pensato di potere insegnare le sue puerili ideuzze tipo fare “la rivoluzione senza prendere il potere” a coloro che nella pratica hanno sollevato 640 milioni di persone dalla povertà. Sì, perché il senso del marxismo sta almeno in due cose. La prima è che esso si ritiene una scienza è quindi a livello pragmatico i risultati devono essere tenuti in conto dato che “le filosofie hanno solo diversamente interpretato il mondo mentre si dovrebbe trasformarlo”. In pratica la proposta epistemologica semplificata si può ridurre a “fatti e non pugnette”. Di fatti i comunisti cinesi ne hanno prodotti parecchi. Un teoria inoltre diventa una forza materiale quando penetra tra le masse. Già, perché Marx scriveva per la maggioranze mentre i gruppi della sinistra radicale occidentale si attaccano solo a cause iperminoritarie.
Ma la domanda che tutti dovrebbero porsi a sinistra è: se il Partito Comunista Cinese gode di una popolarità superiore al 90% e la sinistra più o meno radicale occidentale gode di altrettanta impopolarità come mai è quest'ultima che vuole insegnare ai primi della classe? La diagnosi è delirio di onni(im)potenza!!!!
Puntuale invece l'analisi che fa Losurdo ne “La sinistra assente” che è poi la continuazione diretta de “La lotta di classe”: l'aspetto principale della lotta di classe a livello mondiale è costituito dall'emergere della nazioni che vogliono emanciparsi dalla povertà e dalla insignificanza a cui le ha destinate l'imperialismo. In questa lotta la Cina svolge d’avanguardia. Il compito dei comunisti è di inserirsi all'interno di questa lotta formando un blocco storico tra tutte le classi di che si oppongono agli interessi imperiali per la dignità nazionale e la democrazia economica.

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